Com’è stato il Kappa FuturFestival
18 Luglio, 2023
Dal 30 giugno al 2 luglio si è tenuta a Torino la decima edizione del festival techno più famoso d’Italia e non ha deluso le aspettative
Difficile pensare che al Parco Dora di Torino, durante l’anno, si vada a fare una corsa, a portare fuori il cane, a imbastire un picnic. Il parco, situato a nord della città, sembra essere stato pensato appositamente per ospitare il Kappa FuturFestival tra le sue rovine post-industriali, con musica pulsante, le luci che fendono il cielo e i corpi che ballano sotto cassa.
Durante il weekend del festival l’effetto è che il tempo a Torino si sospenda e si viva in una realtà parallela scandita dal ritmo di un basso continuo. Le strade dei quartieri più esterni, deserte un po’ per il caldo, un po’ perché molti scappano dalla massa che investe la città, diventano i luoghi di chi aspetta il festival tutto l’anno, che torna in città appositamente per parteciparvi o che lo usano come scusa per togliere i vestiti della quotidianità ed esprimere il proprio io con camicie di mille colori, occhiali da sole fluo e brillantini adesivi sulle guance.
Il Kappa, come viene chiamato dai molti, è più di un evento, è il punto d’incontro fisico e mentale per migliaia di persone.
Fisico, e i numeri lo confermano: durante i tre giorni della kermesse sono passati 90.000 partecipanti da 110 nazioni diverse a ballare sotto i 5 palchi del Parco Dora. Lo Jaeger, il palco principale posizionato sotto la tettoia della ex-fabbrica Fiat, è stato il cuore pulsante dal quale si diramavano le arterie ordinate e mai caotiche di persone che andavano verso il Futur Stage, dall’atmosfera desertica e costantemente circondato da una nube di terra alzata dai movimenti ritmici. C’è poi il palco Kosmo, nascosto tra gli alberi con installazioni luminose di Marinella Senatore, che invitava a “Dance First Think Later” (“Prima ballate, poi pensate”); il Nova, che con i suoi schermi circolari abbracciava gli spettatori che arrivavano in fondo al parco; e infine il Voyager Stage, ultimo aggiunto ai 4 citati già presenti l’anno scorso, che si confonde alto e ripido tra le caratteristiche torri rosse.
Mentale, dicevamo, perché le dodici ore di musica ininterrotta giornaliera hanno visto più di 100 artisti entusiasmare la folla di partecipanti. Tra i tanti nomi che si sono alternati sui palchi, il primo giorno hanno inaugurato il festival gli Swedish House Mafia con un dj set esclusivo, i Major Lazer con il loro sound più dance e Afterlife, il progetto multimediale di Tale of Us che fonde musica techno e visual futuristici per una perfomance spettacolare.
Sabato invece è stato il turno di Fatboy Slim, veterano e istituzione della musica techno anni ’90, seguito da Indira Paganotto, che invece mixa i sound di quegli anni reinterpretandoli in chiave underground, per finire con Enrico Sangiuliano e Peggy Gou, che ha infervorato il main stage come mai visto prima con la sua hit “(It Goes Like) Nanana”. L’ultimo giorno, chiusura col botto con un set di Carl Cox, la carica di I Hate Models e i bpm di Chris Liebing.
Partecipare al Kappa FuturFestival ci ha fatto comprendere perché c’è chi lo aspetta tutto l’anno. E anche noi staremo pazientemente alle nostre postazioni, ordinati, in attesa di tornare a liberare le nostre menti al ritmo incessante delle casse dentro il Parco Dora.
