KAPPA FUTUR | Parco Dora, tempio della techno per 95 mila
28 Giugno, 2023
Per tre giorni e 36 ore, da venerdì a domenica, da mezzogiorno a mezzanotte, sarà solo il ritmo a governare il tempo dei ragazzi da tutto il mondo
Il tempio dell’elettronica non ha dipinti o statue ma 172 casse e 124 sub-woofer per onorare le divinità mondiali della musica clubbing. Gli oltre 100 deejay attesi — con nomi come Carl Craig, Peggy Gou, Fatboy Slim, Folamour e per l’unica data italiana Swedish house mafia e Major Lazer — avranno più di mille luci a illuminarli e un chilometro quadrato di schermi led wall per il pubblico di giovanissimi, 25 anni in media, che potrebbe sfiorare quota 95mila e arrivare da 115 nazioni differenti. Oltre il 40% del pubblico è composto da donne. Al momento sono 75mila ad aver acquistato il biglietto, uno su tre ha scelto l’abbonamento. Tra gli stranieri tanti in arrivo dalla Francia molti anche dall’Australia, meno invece dall’Inghilterra probabilmente a causa della Brexit.
Da dieci milioni di euro di costi di produzione, il festival, prodotto da Movement Entertainment, nella cornice post-industriale del Parco Dora si snoderà su cinque palchi, mai così tanti, dove per tre giorni e 36 ore, da venerdì a domenica, da mezzogiorno a mezzanotte, ci sarà solo la musica a governare e a dividersi tra il Main stage, il Futur, il Cosmo (Dora) e i due più avanguardisti il Nova e il Voyager (alto 24 metri). Arte come musica ma anche linguaggi differenti, tra cui la fotografia di Oliviero Toscani e le installazioni ad hoc di Marinella Senatore “Dance First Think later”. Il papà del KappaFutur, Maurizio Vitale, per tutti Juni percorre la Dora Avenue, come in questi giorni chiamano il grande viale che costeggia il fiume e Indica i 46 vaporizzatori per sfidare il caldo, le 300 toilette, gli stand. Sotto al caschetto giallo da cantiere, lo sguardo di Juni vola a destra e a sinistra. Sale ai pannelli solari in aria, al 90% degli allestimenti usati o riutilizzabili e poi il prato «lo abbiamo concimato e rastrellato per combattere la polvere», dice speranzoso. «Ci stiamo prendendo cura anche del roseto». Ma non nasconde un pizzico di amarezza scoperta oltre i 7 km di ringhiere e uno di barriere antipanico che chiudono il parco. La causa, spiega, andrebbe cercata in una parte di sistema imprenditoriale, soprattutto quello dei club, e nella mancanza di un potenziale Kappa Futur Off, «Off vorrebbe dire che c’è una generazione di imprenditori che sfrutta il nome per avere beneficio in città. Invece con grande dispiacere gli after li dobbiamo organizzare noi, alcuni a Moncalieri all’Audiodrome, casa nostra, grazie a convenzioni con il mondo dei taxi». Il viaggio in anteprima continua sulla terrazza che mostra tutto il set. Poi fa vedere al polso il braccialetto con chip per il cashless che ognuno avrà all’ingresso ma che già si può ricaricare con del denaro e permette di acquistare cibo, bevande «con stessi prezzi dello scorso anno, nonostante il rincaro del 30% per noi. In trentamila hanno già scaricato l’app. É importante per mappare le esigenze, ridurre code e stress». Proprio le code sono uno dei timori principali dei grandi festival e il deflusso. Per semplificarlo, svela, ci saranno 3.200 posti auto nel centro commerciale vicino, poi Gtt potenzia le corse dei mezzi pubblici: «Garantiamo completo deflusso in 75 minuti dalla mezzanotte meno un secondo, quando la musica si spegne». Si spegnerà dall’impianto «miglior al mondo, con il doppio sistema di suv, la forte pressione si ferma ai primi 65 metri, da cui rilanceremo l’audio con delay per altri 65. Un modo per non dare fastidio ai residenti. Non abbiamo mai nascosto che generia-mo disagio – precisa Juni – cerchiamo di ridurlo a vantaggio dei benefici».
Il progetto artistico in 250 ritratti
Toscani “Fotografo il futuro negli sguardi di questa tribù ma i mediocri non lo vedono”
«Il futuro si trova dietro le curve, riesci a vederlo solo se fai quella curva. E il Kappa FuturFestival è pieno di queste curve, non percorre il rettilineo della mediocrità e ci rivela che cos’è il futuro attraverso la musica e i volti dei ventenni». Oliviero Toscani è il più celebre fotografo italiano, un’icona che ha creato immagini e campagne visionarie, sempre anticipando i tempi, sempre affrontando in modo diretto ma con un approccio poetico e artistico temi di enorme rilevanza sociale come la pace, la tolleranza, l’integrazione, le migrazioni, le diversità, la libertà.
Per il festival internazionale di musica dance e techno che torna a far vibrare con le sue pulsazioni il Parco Dora (tra i dj e producer più attesi, Carl Cox, Diplo e Major Lazer), Toscani ha realizzato un ciclo di affreschi fotografici scattando i ritratti di centinaia di giovani della tribù che balla al Kappa. In arrivo da ogni parte del mondo, uniti dalla potenza aggregante della musica elettronica. Un’opera d’arte che si compone edizione dopo edizione, costruita come una mappa geografica umana che rientra nel suo progetto “Razza Umana”.
Toscani, ha detto che al Kappa è venuto a cercare il futuro nel volto dei ventenni. Che cosa le comunicano?
«Per me il Kappa FuturFestival è un pretesto, per capire, per intercettare il futuro. Il futuro è fatto dai giovani, non certo da quelli della mia età, delle generazioni precedenti, noi siamo confinati nel passato e nel presente. Al Kappa posso trovare delle sensazioni di futuro, dei segni, dei semi. Non mi aspetto un futuro migliore, ma solo il futuro. Nelle espressioni dei loro visi è possibile vederlo. Sto definendo in queste ore il nuovo set da allestire al festival con il mio storico collaboratore che mi segue da trent’anni. L’impianto è sempre identico: 250 facce da scattare nei tre giorni».
Che cosa l’affascina di questo festival?
«È un agglomerato di giovani che non si conformano tra di loro forzatamente. Sono abbastanza simili ma ognuno di loro è veramente unico e irripetibile. Sono individui liberi e diversi uno dall’altro. Ciascuno percorre la sua strada nel mondo, con curiosità e desiderio di scoperta».
L’ambientazione del Parco Dora è altrettanto interessante secondo lei?
«È un posto incredibile, io dico unico al mondo. È una fortuna per Torino avere un luogo del genere in cui fare il Kappa FuturFestival. Un sito post-industriale dove l’archeologia urbana del passato interagisce, architettonicamente e nel design, con il futuro delle città e con le nuove frontiere del suono».
C’è stata qualche polemica in vista dell’imminente edizione sui disagi che il festival potrebbe creare ai residenti, con l’afflusso massiccio di spettatori nell’area del Parco Dora. Come commenta queste rimostranze?
«Sono atteggiamenti di chiusura, non si guarda lontano. Noi andiamo avanti. Parlo proprio di noi, gente libera che cerca il futuro, fuori dalle convenzioni, gli eccentrici, i nomadi, gli scappati di casa, gli artisti. La gente del Kappa. Non so come sarà il futuro, ma di sicuro non sarà fatto dai conservatori, da quel tipo di persone che non vivono la vita ma la consumano. E che la passano a ricercare la mediocrità».
Nel suo libro “Dire fare baciare”, scritto con Marco Rubiola, afferma che per liberarsi dalle imposizioni ed essere felici bisognerebbe cancellare le vacanze, «tutt’alpiù, in autostrada, lasciate i figli, che ognuno trovi libero e felice la propria strada».
«La peggior categoria sono i genitori, da evitare. Un figlio ribelle è un dono di cui essere orgoglioso».
Lei ha un rapporto particolare, anche molto affettuoso e personale, con il Kappa FuturFestival, perché il fondatore e promoter è Maurizio “Juni” Vitale, figlio di Maurizio Vitale, con cui collaborò per numerose campagne, che aveva creato la Robe di Kappa, poi rilanciata con successo dall’imprenditore Marco Boglione.
«Sì, l’amicizia che mi legava a suo padre è qualcosa di speciale. Come speciale è quello che abbiamo fatto insieme. Anche lì, riuscimmo a vedere, ad anticipare il futuro. Per Jesus Jeans e la campagna “Chi mi ama mi segua” restammo impressionati dalle reazioni. La mediocrità dei conservatori fece gridare allo scandalo».
