Kappa FuturFestival, il festival che va oltre la musica elettronica
12 Luglio, 2019
La techno è il motore dell’evento torinese, che ha richiamato al Parco Dora 70.000 appassionati e generato un indotto di 15 milioni di euro
Orde di giovani, musica techno e tanto divertimento. Questa è la sintesi di un festival di musica elettronica nell’immaginario collettivo di chi non frequenta gli appuntamenti (sempre più folti) in calendario ma resta in superficie, contentandosi delle proprie certezze e di qualche scatto virale. Un festival nasconde in realtà molti più significati perché, se ben organizzato, assicura vantaggi tangibili a tutte le parti in causa: promoter, sponsor, artisti, hotel, ristoranti, tassisti e, soprattutto, alla città che lo ospita, che guadagna visibilità e considerazione.
L’esempio italiano è Torino che punta (in maniera sempre più convinta) sul Kappa FuturFestival, la kermesse di musica elettronica e arti visive giunta all’ottava edizione che si è confermata la miglior espressione tricolore per immergersi in un trionfo di BPM, ma non solo. Non è questione soltanto delle 60.000 presenze registrate, con persone arrivate da cento paesi diversi, non solo dei settanta dj internazionali, anche se rende tutto più facile una lineup con Carl Cox, Solomun, Luciano, Derrick May, Ricardo Villalobos – ottimo il suo set con il palco strapieno e lui a divertire e far divertire con le consuete scene tra una traccia e l’altra – Seth Troxler, Jamie Jones, Modeselektor, Nic Fanciulli, Boris Brejcha, Len Faki, Enzo Siracusa, Nina Kraviz, Charlotte De Witte, Amelie Lens, The Black Madonna, che è una garanzia di qualità nel corso delle ventiquattro ore di musica (sabato e domenica dalle 12 alle 24, con inizio, cambi e fine set puntualissimi). Nel mezzo dei benefici va anche l’indotto generato che premia la città, l’attenzione a temi attuali e rilevanti come il rispetto per l’ambiente, ma anche e soprattutto la considerazione e il valore agli occhi degli appassionati che nel corso degli anni si è guadagnato il festival fondato da Maurizio Vitale (detto Juni, che sta per Junior poiché ha lo stesso nome del padre, cui si deve la nascita del marchio Robe di Kappa) e prodotto da Movement Entertainment.
Il merito del Kappa FuturFestival è aver messo l’Italia sulla mappa della stagione più calda della musica elettronica. E la riprova arriva dall’esterno: dal New York Times che invita a visitare il capoluogo piemontese anche per i festival che vi si organizzano, dalla Bibbia dei clubber – DJMag UK – che ha inserito il KFF tra i migliori cinquanta festival dell’anno insieme a giganti mondiali come Tomorrowland, Glastonbury, Ultra, Awakenings, Sonar, Exit e Coachella. E senza dimenticare le parole e le reazioni dei dj, che a Torino vogliono esserci sempre, perché ogni anno c’è qualcosa di nuovo e diverso rispetto al passato. A non cambiare, invece, è la location, unica e iconica, che coniuga la vecchia vocazione industriale con l’attuale polmone verde cittadino dove sono i dettagli a far la differenza.
Le file per bere e mangiare sono state ridotte grazie all’utilizzo della tecnologia cashless, che sfrutta tessera e token digitali per velocizzare le operazioni e ridurre il ricorso al contante. A livello ambientale, niente più cannucce nelle bevande, fascette biodegradabili per i cavi hanno rimpiazzato quelle di plastica (l’anno scorso ne furono usate circa 6.000), mentre il progetto di Global Inheritance con i punti TRASHed offriva acqua in cambio di bottiglie e bicchieri vuoti. Altro elemento di spicco è il progetto MONICA, emanazione del Programma europeo di ricerca e innovazione Horizon 2020, che punta sulla sperimentazione di tecnologie per l’Internet of Things al fine di salvaguardare l’impatto acustico dei grandi eventi outdoor: per questo al KFF c’è stato il debutto in Italia di impianti audio di ultima generazione (d&B KLS e GLS) in grado di minimizzare l’emissione sonora superflua e monitorare in tempo reale i livelli di pressione sonora nel quartiere.
E poi c’è l’elemento innovativo, che abbiamo ritrovato nei visori per la realtà aumentata firmati Tribe che consentono di apprendere l’arte del DJing muovendosi tra CDJ e mixer, arricchendo le tracce con effetti e campionamenti. Non ancora sul mercato (dovrebbero arrivare nel giro di un anno), i VR Tribe li abbiamo provati nella lounge di Pioneer DJ, che per il terzo anno consecutivo ha rinnovato la partnership tecnica con il festival torinese allestendo tutti e quattro i palchi con i prodotti top di gamma: la più gettonata dai dj è stata la console NSX2, cui Carl Cox e Boris Brejcha hanno affiancato il DJS-1000 per arricchire i live set.
A certificare la grandezza del festival ci sono, poi, i numeri: 70.000 persone (includendo gli eventi collaterali), 850 risorse impiegate (il 95% residenti a Torino e provincia) con 235 addetti alla sicurezza, partnership con quindici gruppi industriali e 250 fornitori regionali e, il dato più positivo, la ricaduta sul territorio di circa 15 milioni di euro. Perché – questo è il messaggio – un festival di musica elettronica non è solo giovani, volume sparato a palla e divertimento. Se il Kappa FuturFestival è l’apice, la piramide italiana dei festival sta prendendo forma, con il buon esempio che da una parte stimola l’emulazione e dall’altra genera il guanto di sfida di chi vuole fare meglio.
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